mercoledì 3 aprile 2013

Assenteismo sul lavoro


Furbi o malati? L’assenteismo nel pubblico impiego


Contenimento della spesa pubblica, costi del personale, efficienza dell'amministrazione, maggiore equità tra comparto pubblico e privato. E la pessima reputazione dei dipendenti statali. Tutto questo e altro ancora sta alla base della lotta all'assenteismo nel pubblico impiego, dove però molto spesso per assenteismo si intende un dato molto più neutro e delicato come l'assenza per malattia. Nell'impossibilità di stanare i veri furbi si regolamenta quel che si può, con risultati a volte perversi.
In Italia ci ha pensato qualche anno fa l'allora ministro Renato Brunetta, nella sostanziale indifferenza dell'opinione pubblica. Visita fiscale obbligatoria per il dipendente in malattia, anche per assenze di un solo giorno. Visita sacrosanta ma a pagamento, a carico della struttura di appartenenza. Con il risultato che alcune scuole, ligie alla legge, dichiararono di aver esaurito in visite fiscali in pochi mesi il già magro budget annuale, a scapito di altri progetti o anche semplicemente delle supplenze che quelle assenze dovevano coprire. E, accanto alla visita fiscale, trattenute sul salario accessorio per i primi dieci giorni di malattia. I risultati furono alterni, con grandi successi e altrettanti fallimenti, e dubbi di sindacalisti ecommentatori sulla realtà delle cose.
La medesima situazione si sta riproponendo in questi giorni in Spagna, dove la decurtazione dello stipendio in caso di malattia, prevista dalle recenti riforme del lavoro, si sta rivelandoparticolarmente pesante. Sono in particolare gli insegnanti a protestare contro le nuove regole del pubblico impiego, per cui sembra di fatto negato il diritto alla malattia. In una scuola di Siviglia si sono organizzati – per protesta – con un improvvisato ospedale da campo nella sala professori, in modo da poter essere presenti a scuola anche in caso di malattia. Uno dei docenti ricorda come il suo edema osseo a un piede gli ha sì impedito di recarsi a scuola ma non di lavorare da casa, dove preparava le lezioni per il suo supplente e si teneva in contatto con i suoi studenti. Una ventina di giorni di assenza – calcola – comporta una decurtazione di 700 euro (su uno stipendio medio di 1.800), mentre una normale influenza può costare al dipendente anche 200 euro. La trattenuta non ha luogo in caso di malattia professionale, spostando quindi il problema sull'elenco delle malattie considerate tali. Per gli insegnanti – lamentano – sono riconosciuti solo i noduli alla corde vocali, ma non laringite, faringite o afonia, e nell'elenco del Muface (l’ente per l’assistenza sanitaria dei dipendenti pubblici) pare non siano comprese altre patologie normalmente riconosciute come professionali per gli insegnanti: raffreddori o nevralgie dovute al mancato riscaldamento delle aule, stress ed esaurimenti per classi troppo affollate.
Mentre la Spagna protesta, la Francia sta invece meditando di abolire il jour de carence, in vigore dal 1 gennaio 2012, ovvero la trattenuta di un intero giorno di paga in caso di assenza per malattia, giudicata oggi vessatoria e inutile. Le assenze erano effettivamente diminuite, pare, anche se in percentuali non eclatanti e i dati disponibili non sembrano essere affidabili a sufficienza per rilevare una tendenza effettiva. In particolare, manca la possibilità di un vero confronto con il comparto privato, che non raccoglie dati in maniera omogenea e continuativa. Secondo vari studi della Dares, il servizio statistico del ministero del Lavoro, si scopre comunque che è più facile che restino a casa i dipendenti più anziani (55-59 anni) rispetto ai più giovani (20-24), e che in genere età, sesso e categoria socioprofessionale incidono sui tassi di assenza, che aumentano – come è ovvio – in proporzione all’esposizione agli sforzi fisici (rumore, pesi, posture scorrette) e psicosociali (stress, pericolo, rischi di aggressione), oltre che all’igiene, alla salubrità (polveri, fumi, umidità e temperatura) e alla sicurezza del luogo di lavoro. Senza contare il clima ansiogeno creato dal mancato turnover dei pensionati che accresce il carico di lavoro, degradandone anche la qualità. Ci si può ammalare di lavoro, insomma, e “tassare la malattia” del dipendente è sempre impopolare.
In attesa di trovare la ricetta magica che permetta di contrastare il vero assenteismo che nessuna visita fiscale potrà mai estirpare.